Sono tornata.
Sono tornata per rimanere.
Stare lontana da questo spazio è stato un tormento. Mai avrei pensato di poter “abbandonare” il mio mondo on line. Mai avrei immaginato che le circostanze potessero essere tali da doverlo fare.
Mi siete mancati.
Mi sono mancata.
Ma sono qui.
Si riparte.
Chi è wannabeaglobetrotter?
Per chi ancora non mi conoscesse, ricominciamo da capo. E’ arrivato il momento di fare sul serio.
Mi chiamo Dánila, ho 29 anni e nel maggio del 2014 ho aperto l’allora blog di viaggi low cost www.wannabeaglobetrotter.it . Viaggio per il mondo con passaporto italiano, la vita mi ha aiutata a scoprire un’anima australiana e, al netto di burocrazia e scelte di vita definitive, mi autoproclamo cittadina del mondo.
Nell’agosto del 2016 ho preso la decisione più importante di tutta la mia vita: ho richiesto un working holiday visa e qualche mese dopo ho acquistato un biglietto di sola andata. Da quel momento la mia vita è cambiata per sempre.
Da quando ho mosso i miei primi passi in terra australiana io sono cambiata, le mie priorità sono cambiate, tutta la mia vita è cambiata.
Da oltre 1500 giorni vivo nel mio posto nel mondo, questa terra lontana, misteriosa e un pò incompresa chiamata Australia. Sono partita per quella che doveva essere un’esperienza di vita, una sorta di anno sabbatico, per ritrovarmi del tutto inserita in un nuovo mondo e sceglierlo come casa.
Il mio 2020
Contrariamente a quanto si possa pensare non ho odiato il 2020, non l’ho odiato neanche un po’ perché è vero, mi ha tolto tanto, ma mi ha anche permesso di imparare ad apprezzare i valori più importanti nella vita: il tempo, la famiglia, me stessa.
Il mio 2020 è iniziato a Darwin, quella città sperduta che avrebbe dovuto regalarmi il sogno di una residenza permanente per l’Australia e si è concluso a Noosa, un paesino di surfisti sulla costa est che oggi chiamo casa.
Sì, sono ancora qui e sono qui per restare. Anche in piena pandemia, quando tutto sembrava remare contro i temporary residents, ho sempre saputo che non sarei partita. Non ho mai valutato l’idea di tornare in Italia o andare altrove, casa è qui.
Nei 12 mesi piú assurdi che l’umanità abbia mai vissuto io ho imparato a vivere davvero. Ho imparato ad ascoltare me stessa e dare valore ai miei desideri, al mio tempo, alla mia persona.
La pandemia in Australia
Quando questa follia chiamata Covid19 ha iniziato a diffondersi a macchia d’olio io ero in Birmania per festeggiare il mio compleanno. Mi sentivo immune a quel mostro che iniziava a dilaniare la vita per come l’abbiamo conosciuta.
Ero convinta che per qualche assurdo motivo tutta quella negatività non mi avrebbe mai riguardata. Volevo credere con tutta me stessa che di li a poco sarebbe arrivata la soluzione magica e niente avrebbe sconvolto i miei piani.
Il mese successivo, in preda ad uno slancio di totale pazzia, ero di nuovo in viaggio. A marzo 2020, quando il mondo si preparava a serrare i suoi confini, io ero a Bali ancora convinta che tutto quello che stava succedendo non mi avrebbe mai investita.
E’ stata una questione di poche ore. Il primo caso confermato a Bali, il primo decesso sull’isola. Senza neanche rendermene conto ero in aeroporto con tutti i miei averi, alla disperata ricerca di mascherina e amuchina, nella speranza di rientrare a casa – in Australia – prima che potesse essere troppo tardi.
Sono rientrata in Australia 15 ore prima della chiusura definitiva dei confini nazionali, incredula di ciò che stava succedendo tutto intorno a me, sconvolta per quei repentini cambiamenti che ci venivano imposti.
Nell’arco di pochi giorni ho visto la mia vita andare in frantumi: un tampone obbligatorio, il contratto di lavoro annullato, isolamento di due settimane, il primo ministro australiano che in conferenza stampa consiglia a tutti coloro con visto temporaneo di lasciare il paese. Il dipartimento di immigrazione che blocca l’applicazione di nuovi visti. Il settore in cui lavoravo si preparava al fallimento.
Tutto ciò per cui avevo lavorato per oltre 3 anni stava svanendo senza che io potessi fare nulla per trattenerlo. Non avevo minimamente il controllo sulla mia vita.
Vorrei dirvi che ho accettato il cambiamento abbracciandolo a pieno, vorrei dirvi che ero grata alla vita per tutto ciò che avevo la fortuna di vivere ogni giorno.
La verità è che ho passato settimane orribili a interrogarmi su cosa stessi facendo, a chiedermi se ne valesse la pena. Quel lavoro che tanto odiavo all’improvviso sembrava necessario. Quei viaggi a Bali con le amiche che avevo dato per scontato sembrava un miraggio lontano. Mia madre che veniva a trovarmi per trascorrere insieme tutta l’estate una speranza ormai remota.
Mentre il mondo affrontava uno dei momenti più difficili dopo il dopoguerra io ero totalmente concentrata sul mio microcosmo, su tutto ciò che stavo perdendo… ancora del tutto ignorata di tutto ciò che stavo in realtà costruendo e conquistando.
Quando si chiude una porta si apre un portone
Non sono mai stata una fan dei proverbi e, anzi, a dirla tutta mi hanno sempre snervata oltremisura.
La lontananza dalla famiglia è stata, ed è tutt’ora, la parte piú difficile di questo assurdo periodo.
La mia mamma è la donna piú altruista, genuina e meravigliosa che abbia mai conosciuto. Mentre gli altri genitori urlavano a gran voce di rientrare, lei non ha mai smesso di sostenerci, non ci ha mai chiesto di tornare… neanche quando riuscire a mangiare e pagare l’affitto sembrava un ostacolo insormontabile.
Se sono ancora qui oggi lo devo solo a lei, al suo sostegno smisurato, al suo amore incondizionato.