Abbiamo deciso di avvicinarci a donne che stimiamo, studiarle, farle conoscere e far sì che il loro successo sia fonte di ispirazione per altre donne anziché motivo di invidia. Nasce Lavoro da Donna, la rubrica di LeDonneLoSanno dedicata a Donne che hanno successo sul lavoro, perché quel lavoro è esattamente il lavoro che si sono scelte, per cui hanno combattuto e sudato. Il lavoro che si sono cucite addosso. In barba alla frustrazione da posto fisso.
Chiara è una psicologa e su Instragram specifica che aiuta le donne di ogni età a far uscire la Wonder Woman che c’è in loro.
Collabora con noi da quest’anno producendo articoli legati al tema della psicologia e siamo felici di averla a bordo! Ma conosciamola meglio!
La prima domanda è bella per quanto è scontata: perché psicologa delle donne?
L’idea della psicologa delle donne è nata a seguito della collaborazione con il Centro Antiviolenza della mia provincia. Fino a quel momento, infatti, mi ero occupata prevalentemente di famiglia, infanzia ed adolescenza.
Però dopo parecchi anni ad ascoltare storie di maltrattamenti al femminile, mi era chiaro che il maltrattamento e la violenza fossero solo la punta dell’iceberg, la parte visibile del problema.
Passai 5 anni a formarmi e a studiare ed approfondire la psicologia del femminile e nei fui talmente affascinata da renderlo parte integrante del mio lavoro clinico. Allargai il mio interesse alla psiche della donna tutta, non solo nell’ambito della violenza domestica e nel mio studio privato cominciai a lavorare con donne di tutte le età ed estrazione sociale, con e per loro.
Cosí nasce la psicologa delle donne, da un lavoro quasi archeologico. Un lavoro che è cominciato dentro di me innanzitutto in quanto donna e che successivamente si è allargato a tutte le donne che hanno il desiderio di riscoprire se stesse, senza essere imbrigliate in ruoli preconfezionati come “madri”. “lavoratrici”, “mogli”. Siamo questo, è chiaro, ma siamo anche molto altro e noi per prime spesso non lo vediamo.
Continuo a collaborare con il centro antiviolenza, ma in studio mi dedico a tutte le altre sfaccettature del mondo femminile.
Nel corso della tua carriera hai avuto modo di identificare comportamenti ricorrenti – che accomunano più o meno tutte le donne? (essere sempre le crocerossine degli uomini che incontrano, senso di inadeguatezza, solo per citarne alcune).
Ci sono dei pattern comportamentali che si ripetono, schemi nella nostra mente che si attivano in date circostanze e che fanno si che molte storie, a prima vista, si somiglino. Poi in realtà il nostro modo di reagire alle cose, il carattere, le esperienze che abbiamo vissuto ci differenziano in modo unico.
Tuttavia delle tendenze proprie del mondo femminile spesso si ravvisano in alcuni comportamenti che hanno come comune denominatore il “salvare” qualcuno. Spesso questo qualcuno è il partner, ma non sempre è cosí. L’autosacrificio, nel tempo, è diventata una dote apprezzata nelle donne e, nei casi più estremi, va a braccetto con dipendenza e sottomissione. Ma senza arrivare a tanto basta pensare alle nostre madri o alle nostre nonne (parlo della generazione delle 30enni). Io vengo dalla Sicilia, dove culturalmente questa cosa è molto radicata. Le donne sono senza dubbio quelle che hanno tenuto la famiglia unita, ma che non hanno conosciuto realizzazione di sé.
Adesso, per ipercompensazione, per combattere questa tendenza si vedono sempre più donne in carriera, che non vogliono figli e non vogliono il matrimonio. Donne realizzate economicamente e indipendenti.
Questo passare da un estremo all’altro, tuttavia, non fa che rafforzare lo stereotipo per cui o pensi alla famiglia o pensi al lavoro. In realtà non è cosí e il lavoro è quello di conciliare questi due aspetti del femminile.
Ciò non significa che appartenere ad uno dei due poli sia sbagliato, sia chiaro. Se una donna è soddisfatta della sua vita fa benissimo a condurla o dedicandosi alla famiglia o alla carriera. Il mio discorso vale quando non si è soddisfatte e quando si ha la sensazione di dover scegliere per allontanarsi da uno stereotipo, mutilandosi.
Quindi si, per rispondere sinteticamente alla domanda, le “crocerossine” e le “indipendenti per forza”.
Quanto influisce ciò che abbiamo vissuto, visto, sentito e conosciuto durante l’infanzia sulle persone che saremo da adulti? Quanto di tutto ciò possiamo plasmare per superare traumi o eventi dolorosi legati al passato che ancora influenzano il nostro essere?
Moltissimo. Lo psicoanalista Bowlby con la sua celebre Teoria dell’Attaccamento, aveva spiegato in maniera dettagliata che già le primissime esperienze di vita plasmano ciò che diventeremo da adulti. Le relazioni familiari sono il primo esempio di relazione di cui il bambino fa esperienza ed il bambino apprende moltissimo per imitazione. Come impara a camminare e a parlare osservando gli altri impara anche come comportarsi, cosa è accettato e cosa non lo è, cosa gli procura una lode e cosa un rimprovero.
Crescendo, saranno quei modelli già appresi da piccoli, che utilizzeremo per relazionarci con le persone. In casi di violenza o traumi questi saranno inadeguati poiché per anni abbiamo vissuto in una realtà che percepivamo come “nomale” e che invece scopriamo dopo non esserlo. Molte delle cose che abbiamo imparato saranno quindi disfunzionali. È un discorso molto complesso. Quando si ha a che fare con traumi importanti è sempre bene rivolgersi ad uno specialista della salute mentale per aiutarci a superare ciò che continua a darci dolore. Anche quando non sono presenti traumi è comunque difficile rapportarsi all’altro poiché molti segnali che noi abbiamo imparato avere un significato, per l’altro ne hanno uno completamente diverso pur essendo i medesimi segnali/comportamenti. Questo sta alla base di molti conflitti di coppia.
In linea di massima ciò che aiuta moltissimo, nei casi non traumatici, è imparare a non giudicare sé stessi (il non giudizio per gli altri arriverà di conseguenza) e coltivare la gratitudine. Questo ci aiuta a direzionare le energie verso qualcosa di positivo e costruttivo anziché impiegarle in ripetizioni di eventi dolorosi.
Per fare ciò occorre una profonda conoscenza di se stessi. C’è chi lo fa viaggiando, chi praticando la meditazione, chi andando in terapia. L’importante è trovare il canale giusto per noi.
Ci sono donne – che conosci, del passato, di finzione o chicchessia – che hanno influenzato il tuo percorso come donna e come psicologa?
Sicuramente Clarissa Pinkola Estes in tutto ciò che ha scritto nel suo celebre libro “Donne che corrono con i lupi”. Senza dubbio quel libro ha segnato un momento decisivo nella mia vita che poi, inevitabilmente, ha avuto ripercussioni anche nel professionale. Un’altra donna è stata Frida Kahlo di cui ho letto la prima biografia all’età di 12 anni e che mi ha insegnato come avrei voluto vivere la mia vita.
Per il resto, ogni donna con la quale parlo mi insegna qualcosa. Ogni storia, quando viene analizzata nel profondo della sua natura, porta con sé qualcosa di ancestrale che difficilmente trova il suo corrispettivo in parole. Quelle sensazioni sono tutte ben custodite.
Psicologia per le donne in pillole, lo sappiamo è una missione impossibile; riusciresti a “riassumere la tua conoscenza e il tuo sapere sulle donne” in poche frasi?
Mi chiedete davvero una missione impossibile! Ci provo:
– Ogni donna si ritiene “non abbastanza” per x motivi. Questa è una sensazione che accomuna molte di noi. Non basta dirsi che si è abbastanza, bisogna scoprirlo e vederlo con i propri occhi;
– Molte donne pensano di avere valore solo se questo viene riconosciuto all’esterno. Non si fa qualcosa per sentirsi dire un “brava” che nel peggiore dei casi non arriverà mai e nel migliore arriva per farci scoprire che non ci da soddisfazione. Hai valore per quello che sei e per quello che fai, no per quanto di sacrifichi o per quanto fai;
– Molte donne pensano di poter salvare il proprio uomo. L’unica persona che avete il potere di salvare siete voi stesse;
– Molte donne non si danno il permesso di rallentare e vivono in una frenesia perenne. Il tempo per se stesse vale allo stesso modo di quello passato al lavoro, in famiglia, con i figli o con le amiche. Prendi appuntamento con te stessa in agenda, programma dei momenti di vuoto. Altrimenti perdiamo il contatto con noi stesse e non sappiamo più cosa ci fa stare bene;
– Molte donne parlano a se stesse in maniera giudicante, acida e maligna. Non è un’esagerazione. Spesso ci diciamo cose che non ci passerebbe mai per la testa di dire ad altri per quanto sono crudeli. Quando formuli un pensiero nella tua testa e ti accorgi di aver usato parole pesanti nei tuoi confronti, rielaboralo utilizzando parole più adatte. Se hai dimenticato le chiavi in ufficio e pensi: “Sempre la solita rinc*******a , ma non me ne va una giusta! Ma perché ho sempre la testa da un’altra parte? Mi sta bene adesso farmi un’ora di coda in macchina, magari la prossima volta mi sveglio!”
Se te ne accorgi, blocca il pensiero all’istante e sostituiscilo con un semplice “Capita, probabilmente sono stata distratta. la prossima volta farò più attenzione“.
Ho lasciato fuori molto altro, ma al momento mi è sembrato opportuno mettere l’accento su questi aspetti.
Se avessi qualche minuto a disposizione per poterti rivolgere contemporaneamente a tutte le donne del mondo, cosa diresti loro?
Se avessi a disposizione solo qualche minuto credo che punterei tutto sul rispetto. Il rispetto per se stesse, e di conseguenza per gli altri, è tutto.
Se riusciamo a rispettarci nel modo di parlarci, di comportarci e nelle scelte che facciamo, probabilmente ci verrà più facile adottare lo stesso modo di pensare con gli altri.
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