Poco più di un anno fa mettevo piede sulla terra rossa di Kitanga, un villaggio nel Sud dell’Uganda, quasi al confine con il Rwanda. A distanza di dodici mesi posso raccontare con più distacco la mia esperienza in Africa come volontaria.
VOLONTARIATO IN AFRICA: IL RACCONTO DIRETTO DI UN’ESPERIENZA
Perché sono partita e perché ho scelto l’Africa per la mia esperienza di volontariato internazionale?
Negli anni mi sono accorta che avrei voluto fare un altro lavoro: mi sarebbe piaciuto lavorare nel mondo della cooperazione allo sviluppo ma – per vari casi della vita – ho preso un’altra strada.
Ho fatto però con me stessa il patto di non avere rimpianti e di cercare di “recuperare” le esperienze che, a suo tempo, non sono riuscita a fare: magari non si sarebbe trattato di un lavoro in una ONG, ma volevo comunque partecipare in qualche modo – magari per un periodo più breve e conciliabile con i miei impegni lavorativi -a un progetto in un Paese in via di sviluppo.
Mi piacerebbe raccontare che volevo solo e soltanto “fare del bene”. In realtà, dietro alla voglia di partire, ci sono state anche altre ragioni più “egoistiche” tra cui – in primis – la voglia di scoprire e di conoscere. Adoro viaggiare proprio per scoprire realtà diverse dalla mia, e un’esperienza di volontariato ti consente di viaggiare in un Paese lontano e di viverlo dall’interno, a stretto contatto con i suoi abitanti e la cultura del luogo che ti ospita.
Non è altrettanto facile rispondere alla domanda: “Perché l’Africa”? È qualcosa di inconscio e ancestrale. Mi sento spesso responsabile: come se io personalmente dovessi qualcosa a quei bambini africani, per il solo fatto di avere la pelle bianca e per tutte le ingiustizie che, negli anni, sono state portate avanti “dalla mia gente” verso la “loro gente”.
VOLONTARIATO IN AFRICA: LA SCELTA DELL’ORGANIZZAZIONE CON CUI PARTIRE
Prima di partire per un’esperienza di volontariato in Africa è bene fare una scelta consapevole riguardante l’organizzazione con cui partire.
LA MIA ESPERIENZA CON MISSION BAMBINI
Mission Bambini è una Fondazione laica che, da quasi vent’anni, finanzia progetti soprattutto relativi all’infanzia e all’educazione in tutto il Mondo.
Ha così sviluppato relazioni con diverse organizzazioni in moltissimi Paesi e, per questa ragione, invia molti volontari sui progetti Partner sia con lo scopo di far conoscere l’operato della Fondazione dagli occhi di testimoni diretti, sia per monitorare le attività svolte dai Partner.
Io conoscevo questa organizzazione perché già facevo volontariato con loro in Italia.
I requisiti per partire con loro sono:
- entusiasmo
- almeno dieci giorni a disposizione
- una minima conoscenza della lingua di riferimento del Paese di destinazione
È richiesta la partecipazione a una giornata di formazione iniziale e, successivamente, a un colloquio individuale per definire una proposta di volontariato personalizzata.
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UNA “MZUNGU” IN TERRA D’AFRICA
Mzungu (uomo bianco), seguito da “How are you?”, sarà la frase che vi sentirete rivolgere più spesso, urlata dai bambini ridacchianti che incontrerete o dai lavoratoti nei campi tutt’intorno all’unica strada che conduce al villaggio. Qui la vita scorre lenta e ogni incontro è l’occasione per scambiare qualche chiacchiera.
Il primo impatto con la Missione (siamo ospiti infatti di un progetto portato avanti dalla Chiesa Cattolica Ugandese) e con la scuola gestita dal progetto è “straripante”: circa migliaia di bambini ci corrono incontro cantando, con dei rami in mano in segno di festa. Quando scendiamo dall’auto che ci è venuta a prendere all’aeroporto ci saltano addosso. Riuscite a immaginare l’incontro con mille bambini che vi vogliono toccare e salutare?
Il loro modo di “conoscere” è molto tattile: per due settimane ho avuto bambini che mi toccavano straniti la pelle, che volevano camminare mano nella mano con me o che mi volevano pettinare i capelli (sono bionda e ho i capelli lisci: un’attrazione troppo forte per le bambine del luogo, al punto che è stato un miracolo se sono tornata a casa con ancora dei capelli in testa).
Le mie giornate sono state scandite dal ritmo della scuola: noi volontari svolgiamo attività educative in aula (la tombola per imparare i numeri in Inglese ha creato visibilio), facciamo giocare i bambini nel tempo libero o veniamo portati a conoscere le diverse realtà della Missione, compresi un piccolo ambulatorio medico e una banca che offre prestiti agevolati e iniziative di Micro Credito a supporto delle attività femminili.
COSA RESTA DOPO UN’ESPERIENZA DI VOLONTARIATO IN AFRICA
Cosa mi sono portata a casa e cosa ho lasciato in Uganda
Sembrerà banale, ma se tutti lo dicono forse qualcosa di vero c’è: quello che mi sono portata a casa e che ancora mi scalda il cuore sono i sorrisi della gente, l’entusiasmo travolgente dei bambini, il clima del villaggio – dove tutti si conoscono e hanno il tempo per rivolgerti due parole – e la consapevolezza che (per un po’) posso vivere anche senza acqua calda e con l’elettricità che va e viene.
Ho lasciato là i miei preconcetti e la mia eccessiva smania da organizzatrice seriale: per quel poco che ho visto l’Africa è una realtà complessa. L’incontro con un altro mondo non è sempre indolore: sono stati diversi i momenti in cui non mi sono sentita una persona, ma una dispensatrice di doni e denaro. L’idea diffusa in alcuni è che gli Occidentali siano tutti ricchi – e sicuramente se ci paragoniamo alle realtà locali in Africa è così – e che sia scontato che, quindi, paghiamo da bere a tutti gli uomini del villaggio quando siamo al baretto locale o che regaliamo le nostre scarpe da tennis al primo che incontriamo per strada.
D’altro lato, io che pianifico e programmo tutta la mia giornata, ho imparato a vivere in una realtà dove l’imprevisto è la norma, dove l’adattamento e il problem solving creativo sono le qualità che ti fanno avere successo nel quotidiano, dove il tempo è un concetto relativo e ha un valore completamente diverso rispetto al “nostro” mondo.
[Valeria Salvai per LeDonneLoSanno.it]